Praga, città magica

I treni Austriaci, l’atmosfera magica della Boemia, e incontri al limite del surreale. Una giornata straordinaria

Il treno Vienna – Praga lascia la stazione in perfetto orario, alle 7.07 dell’ 11-08. I binari nella stazione Wien Hauptbanhoff hanno una singolare caratteristica: sono divisi in settori, quindi da uno stesso binario possono partire più treni contemporaneamente. Nel nostro caso in fondo al binario parte quello per Bratislava, in testa al binario quello per Praga.

Il Railjet 70 è un treno che definirei di lusso, nonostante il biglietto per Praga (4 ore) costi appena 20 euro. L’aspetto è quello dei nostri Frecciarossa, con tanto di monitor che indica lo stato del viaggio, il ritardo, la mappa e la velocità. E soprattutto una connessione internet veloce e affidabile. Incredibile.

Arrivati a Praga ci aspettano nel giro di un’ora 3 scene di quelle che si ricordano per un bel pezzo.

1) arriviamo al deposito bagagli, dove lasciamo i nostri grossi e pesanti zaini. La ragazza del deposito li prende entrambi contemporaneamente, uno per mano, sotto i nostri occhi attoniti. Ah, le donne dell’Est…un’altra tempra.

2) Cerchiamo sul tabellone il nostro prossimo treno, ma non vediamo nulla che vada a Varsavia. Chiediamo informazioni e scopriamo che il nostro treno esiste effettivamente, ma segna come destinazione una città di nome Humennè, che io manco so dove si trova. Scopriamo che quel treno lì, il 433 Bohemia, a un certo punto della notte si divide in due, dove una parte andrà a Varsavia, e l’altra a Humennè. Speriamo di salire sulla metà giusta 🙂

3) Mentre facciamo per uscire dalla stazione, un ragazzo mi ferma dicendo “Ma tu sei quello che ha fatto il video di Capo Nord!”. Rimango un attimo esterrefatto. Scopro che davanti a me c’è “Bardo” un ragazzo che torna da un viaggio in treno in Scandinavia, che ha fatto ispirato dal mio video. Il destino è stato così bizzarro da farci incontrare alla stazione di Praga. Cose veramente incredibili.

Sconvolti da questi eventi ci lanciamo nella nostra toccata e fuga nella capitale Boema. Avendo poco tempo a disposizione decidiamo di vistare i due quartieri antichi, ovvero Stare Mesto, Mala Strana e il ponte storico che li unisce, il Ponte Carlo.

In tutte le sue vie Praga ha un’atmosfera che definirei semplicemente magica. C’è un che di rituale, di esoterico nelle sue strade, nelle sue statue, nelle sue guglie. Ricorda per certi versi Torino, non a caso negli ambienti esoterici Praga e Torino sono considerate due vertici di un triangolo di magia Bianca, il cui terzo vertice sarebbe la città di Lione, dove sono stato un anno fa, e dove avevo in effetti percepito sensazioni molto famigliari alla mia città, e a quelle che ho sentito oggi qui, in Repubblica Ceca.

Il caldo è come sempre il principale rivale delle nostre uscite. Si suda e si fatica, specie nella salita al castello, ma una volta arrivati, il panorama sulla città vecchia è davvero speciale. All’interno dell’area del castello visitiamo la cattedrale di San Vito, una delle chiese più affascinanti in cui abbia mai messo piede.

Non saprei dare una spiegazione di questa affermazione, anche perché di chiese belle ne ho viste moltissime in vita mia, ma questa aveva qualcosa di speciale. Le vetrate, le statue, la luce. Non saprei.

Usciti dalla cattedrale visitiamo la parte antica del castello, onestamente piuttosto insignificante, e infine la parte in teoria più affascinante, ovvero il Vicolo d’Oro, un tempo abitato da diversi artisti, tra cui Kafka. Al nostro passaggio c’è però una quantità tale di turisti da rendere impossibile l’apprezzamento della reale atmosfera di quel posto, e persino la casa di Kafka è oggi adibita a negozio di souvenir. Povero Kafka.

Rientriamo nella città vecchia in tempo per assistere allo spettacolo che rende famosa Praga nel mondo: le statue dell’Orologio che si muovono al rintocco di ogni ora. Nei pressi dello scoccare dell’ora, nel nostro caso le 7, decine e decine di turisti si ammassano sotto la torre dell’orologio manco dovesse uscire Freddie Mercury a cantare Bohemian Rhapsody…e quando arriva il momento, le statuette oscillano per qualche secondo per il godimento supremo della folla sottostante. Ecco questo è per me uno degli esempi migliori dell’arte della vendita turistica. Non solo qualunque turista che passi per Praga deve sottoporsi a questo rituale, pena la scomunica al rientro in patria ( “Nooooo, non hai visto l’orologioooooo???”) ma a sua volta, quando tornerà a casa, nonostante abbia perfettamente capito che il fenomeno non è all’altezza della sua fama, si sentirà in dovere di perpetrare l’inganno dicendo “Eh, però se passi da Praga, l’orologio lo devi vedere”. Tutto ciò è straordinario. E sia chiaro: in tutto questo io non farò eccezione! 🙂

Giunta l’ora di cena, ci concediamo una specialità mitteleuropea, il Gulasch, accompagnata da una deliziosa birra locale. In Repubblica Ceca la vita costa davvero pochissimo, con l’equivalente di 9 euro abbiamo mangiato e bevuto bene in abbondanza. Tutta un’altra storia rispetto a Vienna, per non parlare di Venezia.

Passiamo ancora una volta sul fiume per portarci a casa una cartolina di Mala Strana e Ponte Carlo al tramonto, e con la netta sensazione di dover un giorno ritornare qui per approfondire la conoscenza di questa splendida città, rientriamo verso la stazione Hlavna Nadrazi. Il treno per Humennè, composto dall’ insieme del treno 433 Bohemia diretta Humennè e TLK 10 Chopin diretto a Varsavia, parte dal binario 6, prendiamo posto nel nostro scompartimento e ci lasciamo alle spalle Praga e la sua aria di magia.

Il treno mostra un NETTO miglioramento rispetto al precedente viaggio notturno, Venezia-Vienna. Ci danno acqua, the caldo, una brioche e un letto con lenzuola coperte e cuscini. Durante la marcia però lo scompartimento è un estasi di rumori e vibrazioni. La porta sbatte, e la zittiamo infilando nello stipite un pezzo di carta. Un cordino sbatte sul metallo del letto, lo zittiamo legandolo con il filo del caricabatterie del telefono. LE grucce appendiabiti ballano, le stacchiamo. Si raggiunge quindi un decente livello di silenzio, ma l’ultima insidia viene dal finestrino che non si blocca in posizioni intermedie. Optiamo per lasciarlo aperto per avere un po’ di aria fresca e sentire i profumi della campagna polacca durante la notte, pagando il prezzo di avere una tromba d’aria in cabina.

Nel mezzo della notte veniamo svegliati da rumori inquietanti, colpi forti, bastonate, speronate. E’ il momento della verità: il treno si sta separando. Lentamente arriva l’alba, e dal finestrino iniziano a comparire campi, laghi, e addirittura mongolfiere. Con nostro immenso piacere, scopriamo di aver dormito nella metà giusta del treno: siamo a Warszawa Centralna.

Lo sapevo che Chopin mi avrebbe portato fortuna.

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